Chi Siamo

Poesia e Conoscenza è una rivista on line fondata e diretta da Donatella Bisutti, poetessa, saggista, critico letterario, già fondatrice della rivista cartacea Poesia e Spiritualità. Non è una rivista di poesia come comunemente si intende, cioè una vetrina di testi poetici e non persegue una particolare “poetica”. Non vuole neppure essere una rivista di critica letteraria. Non apre spazi alle recensioni. Allora perché la parola Poesia appare in tutta evidenza nel titolo? Perché la poesia è considerata come fondamentale punto di riferimento, una sorta di stella polare a segnare il cammino: perché la voce della poesia è l’unica che rimane prima del silenzio, quando le parole comuni non riescono più a dare espressione al senso profondo del nostro essere e al nostro tentativo di confrontarci con il mondo. La poesia è qui considerata nella sua accezione più alta, come massima portatrice di significato, strumento di conoscenza, radar che può metterci in rapporto con il “divino” in noi . Ma non per questo si tratta di una dimensione forzatamente religiosa, piuttosto di una spiritualità laica. L’altro termine che appare nel titolo è Conoscenza, e questo allude non solo alla poesia ma allo spazio immenso che si apre davanti all’esplorazione umana attraverso le varie arti, attraverso le più diverse discipline scientifiche e umanistiche. Grande parte della rivista è quindi dedicata al confronto di studiosi e artisti sui grandi temi che assillano l’uomo di ogni tempo e più specialmente l’uomo di oggi. Vogliamo fare nostro l’atteggiamento euristico del grande poeta filosofo Edmond Jabès, tradotto e introdotto per la prima volta in Italia proprio da Donatella Bisutti nell’Almanacco dello Specchio di Mondadori: quello della question, della domanda come punto focale della conoscenza , più importante della possibile o impossibile risposta.

Con questa rivista si vuole anche affermare, riunendo numerosi collaboratori in Italia e all’estero, la convergenza , in modi diversi, in una ricerca di valori che si contrappone a una cultura materialista, nichilista, minimalista, riannodando fili che ci vengono da un passato di diverse culture e civiltà e proiettandole verso un possibile futuro, e al tempo stesso scommettendo sulla possibile dignità e grandezza dell’uomo in un’epoca che sempre più sembra svilirlo e mercificarlo, e su una possibile “umanità” di Dio.

Riproduciamo a parte un messaggio di Donatella Bisutti in occasione della Giornata della Poesia pubblicato il 21 marzo 2014 sulla Provincia di Como.

La Poesia può ancora salvarci la vita?

Questa domanda fa eco al titolo di un mio libro fortunato, uscito anni fa ma sempre attuale, dal titolo appunto La poesia salva la vita. Titolo che naturalmente voleva essere una provocazione, anche se può essere anche inteso come un semplice auspicio. Ma che vuole anche affermare una verità in cui io credo fermamente: e cioè il carattere taumaturgico della poesia. A patto però di avere ben presente che la poesia, intesa in questo senso, non è qualcosa al di fuori di noi bensì qualcosa che è dentro di noi, che fa già in certo modo parte di noi in quanto possibilità innata di un approccio alla realtà profondamente diverso da quello che ci viene appreso nel corso di una spesso fuorviante educazione ( da e-ducere, trarre fuori, e quindi anche “fuori strada”). E’ una parte “magica”di noi da scoprire, o anche da riscoprire. Oggi con particolare urgenza , in quanto sembra per lo più giacere sepolta sotto cumuli di detriti. E così il più delle volte non emana nemmeno un debolissimo raggio della sua luce e noi le viviamo accanto del tutto inconsapevoli.

Sì, il mondo sembra aver perso la sua chiave magica, scambiandola con una card che apre centri commerciali, negozi di lusso, centri di fitness, realtà virtuali, su su fino alle stanze dei bottoni: la card del benessere, del lusso, del potere.

Ma bisogna fare attenzione: la poesia non è una panacea per spiriti afflitti, né un tranquillante. E nemmeno una droga. La poesia non acquieta. La poesia è qualcosa che ci stimola, che dice: non è questo, non è quello. Non è questa , non è quella la felicità. Non è questo, non è quello ciò che conta. Non è questo, non è quello l’essere umano.

Su poche parole si è esercitata da sempre una vuota retorica come sulla parola “poesia”. Da anni vado ripetendo- per quanto mi è possibile – che la poesia è un linguaggio del corpo prima di essere un linguaggio dell’anima, che non è un luogo di pii sentimenti, ma che si può scrivere poesia anche su un calzino bucato. Che la vera poesia, al di là e al di fuori di qualsiasi retorica, ci mette davanti al significato profondo della realtà, e cioè al continuo intrecciarsi incomprensibile della vita e della morte. Ci mette semplicemente davanti all’esistenza di quel mistero di cui ha tanto scritto il filosofo rumeno Lucian Blaga . Ma non per tentare di risolverlo, a differenza di quanto si sforza di fare la filosofia e oggi soprattutto la scienza, ma per affermarne l’ineluttabilità e ancor più l’intrinseca necessità. Perché ne diventiamo consapevoli. La poesia vuole fare di noi persone consapevoli della contraddizione, della compresenza in noi e nel mondo del bello e del brutto, della bellezza del brutto e in qualche modo anche della bruttezza , o dell’imperfezione del bello. Non vuole creare per noi un virtuale mondo abitato dalle fate. Non sposa la causa del bello assoluto, ma quella dell’impossibilità di separare i segni della morte da quelli della vita, il non senso dal senso, gli istinti più bassi dalle aspirazioni più alte, il nostro essere microcosmo centro di una realtà inesplorata dall’essere nello stesso tempo situati ai margini di un universo senza confini. Vuole fare di noi persone capaci di vivere la nostra solitudine senza rifugiarci dietro fragili barriere protettive che sono solo autoinganni suscettibili di renderci ancora più deboli e più soli. Vuole fare di noi esseri capaci di assumerci la nostra sofferenza e anche la nostra disperazione, e soprattutto la nostra dolorosa ma anche esaltante unicità senza pretendere balsami e surrogati. Insomma: la poesia ci vuole pienamente umani , quando spesso noi invece viviamo solo a metà, e anche meno che a metà, sfuggendo all’ombra del nostro sopravissuto cervello rettile, che a volte, risvegliandosi, ci inghiotte. La poesia ci salva dal vuoto perché ci costringe ad affrontarlo dentro di noi, a non ritrarci. Ma non è una terapia psichica, è un cammino spirituale. Oggi quanto si vive di surrogati di una felicità irraggiungibile? di palliativi? quanto ci impediamo di ascoltare i rumori inquietanti della realtà, bombardandoci nelle orecchie musica ossessiva attraverso gli auricolari? parlando ossessivamente con qualcuno che non c’è anche quando camminiamo per strada, senza guardarci intorno, rifiutando la realtà vera per una inesistente?

Siamo pericolosamente disarmonici, dissociati dalle nostre necessità primarie, da quelle per cui siamo stati costruiti. E anche per questo siamo tutti spaventati. Soprattutto perché la vita e il mondo si rivelano così diversi da quanto ci avevano fatto credere e ancora oggi ci vogliono fare credere. Fuori dal nostro controllo. Senza un centro. La poesia ci riporta verso un centro, perché questo centro non può essere che dentro di noi. La poesia ci ricorda che dobbiamo vivere appieno tutte le nostre umane potenzialità e così diventare persone. Non è un’evasione, un sogno. Per questo possiamo scegliere fra mille proposte diverse, suscettibili di ingannare la vita e il tempo.

L’esistenza di un centro interiore, in cui il piccolissimo si può coniugare con l’immenso, è quella per cui Omero definiva Eumeo, umile porcaro, “divino”. Quella in cui anche noi possiamo ritrovarci “divini”.

Credo che è di questa perduta divinità che abbiamo soprattutto sete.

Siamo invece sempre più prigionieri, nella nostra cultura , nella nostra società, di un pensiero castrante, utilitaristico, teso all’unico scopo di capire per dominare la nostra realtà intima e quella esterna. Oppure, per compensazione, ci vediamo proiettati in dimensioni dove l’assurdo, l’aggressività, l’eversione, la sregolatezza, la ribellione, e in definitiva la distruzione appaiono come una pericolosa valvola di scarico, a somiglianza del mondo fittizio ed esaltante creato dalla droga. Costruzione e distruzione si fronteggiano, non si sa mai quale dei due contendenti avrà la meglio. In mezzo a queste due macine dal moto opposto la persona umana viene stritolata ogni giorno. Ma l’opposizione è un’illusione della mente raziocinante che definisce e separa. La poesia, attingendo alle qualità originarie e ancestrali di un linguaggio fatto di parole che sono insieme significato ed emozione, non definisce, rendendo così quella frattura permanente e insuperabile, ma ci ricompone come una totalità psichica ed esistenziale, colma i pericolosi crepacci ricordandoci che cos’è l’uomo: creatura insieme di gioia e di dolore, di pensiero e di emozione, che vive in misteriose corrispondenze con l’universo, che dobbiamo rifare nostre. Questa è l’indicazione preziosa e insostituibile che il suo linguaggio “magico”, a cui nessun altro assomiglia, e che è l’unico capace di coniugare la nostra mente raziocinante con il nostro inquieto inconscio profondo, ci trasmette. In questo senso penso che oggi può aiutarci a salvare la nostra vita riappacificandoci con noi stessi, arrestando il cieco e disperato istinto di fuga che nasce dalla separazione e dall’estraniamento, dal non riconoscere più le radici che tanto attraverso il nostro corpo quanto attraverso la nostra anima ci connettono al mondo, dal non saperle annodare insieme. Per questo, nel nostro attuale smarrimento, credo che la poesia , che è insieme ascolto e sguardo, ci possa indicare un approccio diverso alla nostra realtà e a quella che ci circonda. Un approccio capace di riscoprire nell’uomo – sia pure nel limite e nel dolore – una dimensione di grandezza , della cui mancanza soprattutto soffriamo: quella che apparteneva all’antico mondo greco, e che il Rinascimento aveva rinnovato, ma che la nostra contemporaneità ha minimizzato e svilito in ogni modo, con esiti disastrosi che sono ogni giorno di più sotto i nostri occhi.

Donatella Bisutti

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